Pratica Yoga: la via per conoscere se stessi

«La pratica Yoga è una trasformazione graduale, da uno sforzo pieno di sforzo allo sforzo senza sforzo, che minimizza lo sforzo fisico ed esalta le qualità dell’intelligenza nell’osservazione e nell’attenzione, affinché il sādhaka (il praticante) possa utilizzarle per penetrare il proprio obiettivo: l’acquisizione della conoscenza e dell’esperienza spirituale» (Bellur Krishnamachar Sundara Raja Iyengar)

Che cosa è Yoga a partire dalle origini

Il termine Yoga deriva dalla radice sanscrita -yuj (unire, aggiogare) e indica un insieme di pratiche orientate a creare un equilibrio psico-fisico, che impegna corpo e mente e, in una dimensione spiritualmente più elevata, porta verso una sempre più profonda conoscenza e comprensione della realtà, ovvero la dimensione del Sé, dell’Essere.

Come sia iniziato lo Yoga è incerto. Molti sostengono che abbia avuto origine in India tra il III e il II millennio a.C. A quell’epoca risalgono, infatti, i reperti di Harappa e Mohenjo Daro, siti archeologici della valle dell’Indo (attuale Pakistan) che raffigurano divinità e figure ascetiche sedute in posizioni non dissimili dalle āsana.

Nella cultura indiana la pratica Yoga è considerata una via di liberazione dalle sofferenze che affliggono l’esistenza umana. Yoga sūtra è considerato il testo-base della scienza Yoga, è attribuito a Patañjali e fornisce una meticolosa descrizione di questa antichissima disciplina, una Yoga Darshana (visione), ovvero il processo di vedere attraverso lo Yoga, che ha come scopo la realizzazione del Sé.

Si tratta di un’opera antica, ma decisamente applicabile nella vita di oggi.

Lo Yoga di Patañjali è spesso chiamato lo Yoga delle 8 membra, aṣṭāṅgayoga oppure Rāja Yoga (lo yoga regale). Infatti, il percorso principale si articola in otto stadi fondamentali, le otto membra, che più direttamente chiameremo mezzi (nel senso di strumenti, componenti essenziali e irrinunciabili), dello yoga:

  • yama (restrizioni),
  • niyama (osservanze),
  • āsana (postura),
  • prāṇāyāma (controllo dell’energia),
  • pratyāhāra (ritiro dei sensi),
  • dhāraṇā (concentrazione),
  • dhyāna (meditazione),
  • samādhi (contemplazione).

Pensare di praticare Yoga perché si è molto abili nella esecuzione delle āsana (posture, la terza delle membra) o si conoscono tanti metodi di fare prāṇāyāma (controllo dell’energia, la quarta delle membra), addirittura si arriva a una buona condizione di pratyāhāra (ritiro dei sensi, la quinta delle membra) e dhāraṇā (concentrazione, la sesta), ha poco senso se nella pratica sul tappetino e nella vita quotidiana yama e niyama non sono un costante riferimento.

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