Yama e Niyama – A volte è meglio essere il secondo più bravo
In senso yogico questa idea può avere molti significati, tutti legati all’atteggiamento interiore con cui viviamo la pratica e la vita. Non è importante essere il migliore, ma piuttosto fare sempre del proprio meglio.
Umiltà e non-ego
Essere “secondi” significa coltivare l’umiltà e lasciare da parte l’ego (ahaṃkāra). Vivere ahiṁsā (non-violenza) e satya (sincerità) significa non dover dimostrare di essere migliori, ma cercare di essere autentici. Anche asteya (non rubare) ci ricorda che non abbiamo bisogno di appropriarci del valore altrui per sentirci grandi: ognuno ha il proprio percorso.
Accoglienza del limite
Essere “secondi” vuol dire accogliere i propri limiti senza forzare, rispettando il corpo e la mente. È saṁtoṣa (accontentarsi) e tapas (ardore), ma anche brahmacarya (uso equilibrato dell’energia): non bruciarsi per arrivare primi, ma imparare a dosare forza e volontà con saggezza. In questo senso è meglio non spingersi oltre per cercare di essere “i primi”, perché l’ossessione del risultato ci allontana dagli scopi dello yoga: armonia e consapevolezza.
Crescita continua
Se ti consideri “il primo”, rischi di sentirti arrivato e smetti di imparare. Se resti “secondo”, sei sempre in cammino, aperto e ricettivo, immerso nello spirito di svādhyāya (lo studio di sé). Così lo yoga diventa un percorso di crescita continua. Śauca (la purezza, esterna e interna) sostiene questo cammino, perché ogni passo ha bisogno di chiarezza e di spazio interiore per fiorire.
Valore della relazione
Essere “secondi” apre al valore della relazione: riconoscere l’altro, gioire insieme, coltivare maitrī (benevolenza). In questo atteggiamento c’è anche aparigraha (non attaccamento), perché non ci aggrappiamo alla vittoria personale, ma sappiamo lasciare spazio al successo di chi ci sta accanto.
Affidarsi
Infine, essere “secondi” è anche un atto di fiducia: īśvarapraṇidhāna, affidarsi a qualcosa di più grande del nostro ego. Non dobbiamo essere sempre noi al centro, non dobbiamo controllare tutto. Possiamo affidarci al cammino, con la certezza che lo yoga ci illumina e ci accompagna verso la nostra meta.
🌸 In sintesi: in senso yogico, essere il secondo significa scegliere la via dell’umiltà, dell’ascolto e della crescita costante, vivere i principi di Yama e Niyama, e riconoscere che la vera vittoria non è primeggiare, ma trasformarsi passo dopo passo.
Ecco alcune riflessioni degli allievi della Scuola di formazione:
“Yama e Niyama riguardano il comportamento sociale e il modo di vita, il modo in cui interagiamo con gli altri e con l’ambiente, il modo in cui affrontiamo i problemi. Nessuno può cambiare in un giorno, lo yoga ci aiuta a cambiare poco a poco i nostri comportamenti. Anche se a volte per motivi diversi questa filosofia viene meno”. Nunzia Carbone
“Trovo che Yama e Niyama siano strumenti efficaci, concreti e sorprendentemente attuali per portare lo Yoga nella vita quotidiana, al di là del tappetino. Sono linee guida che trasformano lo Yoga in una vera e propria “abilità nelle opere”, offrendo riferimenti e suggerimenti per vivere con integrità, gentilezza e chiarezza. Per me rappresentano spunti preziosi di riflessione, che mi aiutano a orientarmi e a definire come desidero vivere la mia vita, sia in una prospettiva di crescita personale e spirituale, sia nel rapporto con gli altri. Invitano a cercare un equilibrio tra la sincerità verso se stessi e il rispetto verso chi ci circonda. L’obiettivo dello Yoga non è raggiungere un traguardo uguale per tutti, ma avanzare, diventare ogni giorno una versione migliore di ciò che siamo. Richiede la disponibilità a guardarsi dentro e a comprendere cosa significhi davvero “miglioramento” per ciascuno di noi. Per me, la direzione è l’autenticità intesa come libertà di riflettere e cambiare, dare senso alle cose, avere coraggio, mettermi in discussione, restare unica e fedele a me stessa, sempre. Non so dove mi porterà questo cammino nello Yoga, ma non sento la necessità di saperlo: per ora, il percorso è meraviglioso e sufficiente”. Bianca Corbella
“Inconsapevolmente (ovvero senza conoscere Yama e Niyama) ho iniziato il percorso dello Yoga perché a livello “istintivo” sentivo che era la direzione, la strada è molto lunga, ma la direzione è stare dentro Yama e Niyama accettandomi per quello che sono e sorridendo sul cammino”. Anna Filippini
“Riflettere su Yama e Niyama per me è tanto affascinante quanto delicato, perché mi riporta direttamente nella mia fede cristiana. Sono i principi da cui nascono e che poi regolano i rapporti umani, l’amore che siamo disposti a dare e che siamo in grado di ricevere. Sono i principi sui quali si reggono le relazioni che instauriamo, e grazie ai quali siamo in grado di sacrificarci per fare spazio all’altro dentro di noi. Sono questi per me Yama e Niyama, i principi che permettono l’equilibrio dentro di noi, nel rapporto con gli altri e con noi stessi, preservando ciò che è Sacro dentro di noi, nel rapporto vero, profondo con chi la vita mette sul nostro percorso e anche con chi è lontano momentaneamente…
L’ispirazione a essere migliore, per custodire la bellezza di questa vita, per accorgersi dei piccoli e grandi doni di questa vita”. Maria Grieco
“Nella resa a quello che succede, sto vivendo, nel pensiero che muovendomi con le giuste intenzioni succederanno cose (giuste?) alle quali arrendermi per trovare quiete (o quantomeno provarci)”. Fabrizio Lauria
“Quando penso allo Yoga e al concetto di Yama e Niyama mi viene in mente una bellissima frase di Patrick Tomatis che mi ha colpito particolarmente: ‘Per me lo Yoga è ritrovare se stessi, ogni volta che aiuti l’altro a potersi ritrovare, ad avvicinarsi a se stesso, in quel momento sei veramente nel cuore dello Yoga’. Yama: ritrovare me stessa nel rapporto con gli altri, Niyama: il rapporto con me stessa con una nuova consapevolezza, ogni giorno in continua evoluzione”. Laura Mattioli
“I valori yama e niyama sono ciò che dà valore all’esistenza: mi danno la possibilità di crescere anche laddove io non credevo più che fosse possibile. I valori sono una misura per capire dove mi trovo, dove sono diretta, come ci sto andando. Alcuni sono scesi più nel profondo del cuore, altri meno, alcuni sono più presenti in una fase della vita, altri in un’altra. Se per molto tempo al centro della mia vita c’è stato “accontentarsi”, oggi non riesco a vivere senza alimentare il “fuoco”, e quando si spegne mi sento un po’ morire. Fatico a non essere possessiva ed egocentrata, ma continuo a protendermi verso il dono e la rinuncia e spesso torno a confrontarmi con le Scritture alla ricerca di Dio per capire chi sono oggi e chi vorrei essere. Aspiro alla non-violenza continuamente ma è un lavoro costante verso me stessa e verso chi mi è vicino”. Marcella Miceli
“Spero che sentirsi parte di un noi più grande e cercare di far sentire gli altri nello stesso modo, rispettandoli senza giudicarli a priori, possa contribuire a migliorare il mondo violento in cui viviamo: Ahiṁsā ”. Valentina Pasquali
“Credo che si inizi a fare yoga veramente quando lo si porta fuori dalla sala, nell’atteggiamento verso se stessi e verso gli altri. Non è sempre facile, ma per quanto mi riguarda, mi fa stare meglio. Riporto una frase che condivido: ‘Yoga senza Yama e Niyama è come un corpo senza anima’”. Valentina Pirazzoli