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Walter Thirak Ruta, 16-17 febbraio 2024

Kriyā Yoga: concentrarsi sull’obiettivo, proseguire verso una trasformazione inevitabile

Lo Yogi silente di Madras ha insegnato in Europa dagli anni Settanta sino al 2004, effettuando numerosi viaggi in diversi paesi. Avendo lui stesso riscontrato il nostro ottimo gradiente di ingaggio e di interesse, volle dotarci non unicamente dei lasciti della tradizione, ma con grande maestria dedicò a noi allievi occidentali alcuni ottimi strumenti per la trasformazione.

Le kriyā trasmesseci dallo Yogi silente di Madras sono concepite in tale modalità:ognuna ha un obiettivo principale.

La possibilità di dedicarsi a un obiettivo circoscritto intrinsecamente permette di evitare troppe sbavature (non fare troppi errori) e di non attardarsi nel compito intrapreso. In questo modo, la pratica va a buon compimento.

La coscienza dell’obiettivo e la qualità della concentrazione sono attitudini interconnesse, ben presenti nella struttura che costituisce le kriyā. La prima attitudine, la coscienza dell’obiettivo, viene esplicitata dalla richiesta di ciò che si deve fare (es: in makara kriyā è l’atto di spingere dalla bassa schiena che produce la rotazione). La seconda, la qualità della concentrazione, migliora durante la pratica della kriyā poiché ogni ripetizione amplifica la connessione con la zona prescelta, e il rimanere a lungo sullo stesso gesto motorio produce una sorta di trance yogica dove si è sempre meno dispersi.

Indispensabile è dedicare una buona quantità di tempo alla stessa kriyā. Per favorire questo parametro vengono in aiuto le ripetizioni dello stesso esercizio, nella maggior parte dei casi con varianti di braccia e gambe.

Quasi sempre la stessa variante è ripetuta più volte oppure ogni variante, se praticata una sola volta, è mantenuta a lungo (es.: la kriyā di gomukhāsana dove ogni variante viene praticata una sola volta ma permanendovi statici per più respiri).

Il permanere su uno stesso obiettivo/zona attraverso più varianti toglie difficoltà rispetto a rimanere per lungo tempo senza modificare nulla. Diversamente dalla sequenza dinamica del saluto al sole, che se annoverata fra le kriyā comparirebbe fra le minori, le varianti non vengono eseguite passando rapidamente da una all’altra, ma sostando sufficientemente in ognuna come si fa per gli āsana.

Le kriyā possono essere inserite in una lezione già iniziata oppure possono esserne l’inizio.

È indispensabile, ogni volta che se ne utilizza una, farla durare sufficientemente a lungo all’interno di una lezione, ossia portarla avanti sino a che abbia trasportato chi la pratica su un altro piano di lavoro. Sorpassare la frontiera della noia o della fatica può essere già un ottimo suggerimento. Altro ineccepibile parametro è insistere sino ad accendere il fuoco della trasformazione. Un terzo consiglio non c’è, altrimenti con troppe parole si rischia di mettere il carro di fronte ai buoi.

Per non vanificare i benefici acquisiti, non deve trascorre troppo tempo prima di ripetere la medesima kriyā. Una parte dei vantaggi ottenuti è giusto che venga utilizzata per il benessere quotidiano; un’altra parte, è saggio devolverla alla pratica della disciplina, sia essa più fisica o più contemplativa.

Se riferendoci alla pratica delle kriyā stiamo parlando del mondo fisico, significa che stiamo parlando delle tecniche che lo yoga ha a disposizione per agire sul corpo. Ma è impossibile distinguere le due dimensioni: quella fisica e quella psichica, o le tre dimensioni corpo-mente-spirito. È impossibile! Per cui se c’è un effetto sul corpo automaticamente ve ne sarà uno sulla psiche e uno sullo spirito. Negli stadi preliminari della pratica delle kriyā, predomina quello sul corpo, poi, man mano che si procede, si arriva agli stadi più alti.

EPIGRAFE

«Tatra kramo nama vitati-visesah paurvaparya-rupo va Krama» significa predisporre le cose seguendo un particolare ordine.

«Artha samgraha Kramad-evam svam-ātmanam bhavayat» significa anche nella realizzazione del Sé è importante procedere con ordine.

Vāsudeva upaniṣad

Simona Ramazzotti, 3 dicembre 2023

Gli archi: una ricarica di vitalità

Le posizioni di piegamento all’indietro a volte affascinano, a volte spaventano. Sono una delle tipologie di movimenti proposti dallo yoga che raramente vengono eseguiti nella quotidianità. Gli archi ampliano il torace, liberano il plesso solare, stirano il diaframma, rendono il respiro più profondo, aprono il corpo, la mente, il cuore. Sono posizioni estremamente energizzanti, solari, donano vitalità e carica! Contrariamente a quanto comunemente si pensi, se eseguiti correttamente, sono ideali per rafforzare la schiena e rendere la nostra postura più sana e stabile.

Durante il seminario verrà proposta una breve teoria sulle modalità di esecuzione delle posizioni e sui loro effetti e una pratica dettagliata che partendo da movimenti preparatori e esemplificativi, porterà a eseguire in maniera graduale e in sicurezza numerosi archi, dai più semplici ai più complessi.

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