La Luna nella tradizione indiana

La luna ha sempre catturato lo sguardo e l’immaginazione dell’essere umano. Nella tradizione indiana, Candra non è solo l’astro che illumina la notte, ma una presenza viva, ricca di significati, che si intrecciano tra mito, simbolo e pratica yogica.

Candra, il dio della luna, piano mitologico
Nei testi vedici e purāṇici, Candra è un deva maschile, luminoso e affascinante, che guida un carro trainato da antilopi o cavalli bianchi. È sposo della splendida Rohiṇī e uno dei navagraha, le nove influenze planetarie. La sua luce, dolce e nutriente, è legata al Soma, la bevanda sacra degli dèi, simbolo di immortalità. Nel mito del frullamento dell’oceano (samudramathana), Candra emerge come uno dei tesori cosmici, segno della sua natura preziosa e benefica.

La luna come archetipo, piano simbolico-universale
Al di là del mito, la luna è un archetipo universale: rappresenta ricettività, intuizione e ciclicità, è collegata alla fertilità e ai ritmi della natura, incarna un principio femminile (Śakti, yin), che accoglie e riflette, come lo specchio d’acqua riflette la luce del sole. Queste qualità non sono legate al sesso biologico del dio (maschile), ma alla percezione universale delle sue energie.

L’energia lunare nello yoga, piano yogico-energetico
Nello yoga, “lunare” significa fresco, introspettivo, calmante. Il canale energetico sinistro, iḍā nāḍī, è detto “percorso energetico del candra” e si attiva con il respiro nella narice sinistra. Possiamo quindi distinguere diversi piani:
mitologico – Candra come dio maschile nella cosmologia indiana.
simbolico – archetipico la luna come principio femminile, ciclico e intuitivo.
energetico – qualità lunari come freschezza e quiete, manifestate nel corpo sottile.

Questi tre piani non si escludono, ma si intrecciano: insieme danno vita a un’immagine ricca e stratificata, che possiamo contemplare e allo stesso tempo incarnare nella pratica.

Come proposta più “lunare”, possiamo orientarci verso posture distensive, da mantenere a lungo, lasciandoci cullare da un ritmo più lento. In questo modo diventiamo capaci di “respirare le posture”, amplificando l’ascolto interiore e la ricettività.

Visualizziamo Candra e lasciamo che la sua luce argentata ci avvolga: nella sua calma troviamo quiete, nel suo splendore ispirazione, nella sua ciclicità fiducia nel rinnovamento. Così come la luna cresce e cala per poi tornare piena, anche la nostra pratica respira, si espande e si raccoglie, nutrendo il corpo, la mente e lo spirito. Queste pratiche, oltre a rigenerare, sono un prezioso strumento per preparare il sādhaka alla profondità silenziosa di dhyāna, la meditazione.

Letture consigliate – Simboli ed energie nello Yoga, due testi fondamentali per comprendere il linguaggio simbolico dello Yoga e l’energia interiore. 

Ajit Mookerjee, Kundalini: The Arousal of the Inner Energy, prima edizione Thames & Hudson, Londra, 1982 (il testo non è stato tradotto in italiano).

Ajit Mookerjee (1915–1990), studioso indiano di arte e simbolismo tantrico, propone in questo libro un approccio che intreccia iconografia, testi tradizionali e psicologia moderna. L’opera è ricca di illustrazioni, disegni e miniature, che mostrano i simboli della kuṇḍalinī e dei cakra.

I nuclei tematici: Che cos’è la kuṇḍalinī: l’energia latente alla base della colonna vertebrale, raffigurata come un serpente arrotolato. I cakra: descrizione dei sette principali centri energetici, con i relativi simboli, divinità, bījamantra, animali e colori. Il processo di risveglio: tecniche e vie (āsana, prāṇāyāma, mantra, visualizzazioni, riti tantrici). Simbolismo tantrico: raffigurazioni del serpente, della śakti, dell’unione di Śiva e Śakti, come metafora della trasformazione interiore. Aspetti psicologici: confronto tra il simbolismo dei cakra e le interpretazioni junghiane dell’inconscio e dell’archetipo. Finalità: dall’esperienza estatica al conseguimento di una coscienza superiore, in cui energia individuale e coscienza universale si uniscono.

È accessibile, perché non è un trattato tecnico come l’Haṭha Yoga Pradīpikā, ma un’esposizione ricca di immagini e spiegazioni. Funziona come ponte culturale: rende comprensibili a un pubblico occidentale i simboli tantrici senza ridurli a pura psicologia.

Heinrich Zimmer, a cura di Joseph Campbell e Fabrizia Baldissera (trad), Miti e simboli dell’India, Adelphi – 1993 (ed. recente 2018)

Zimmer (1890–1943) non riuscì a completare la stesura finale dell’opera: i suoi appunti e le lezioni furono raccolti, ordinati e curati da Joseph Campbell (il celebre autore di The Hero with a Thousand Faces), che ne rese possibile la pubblicazione. Il libro esplora in profondità: le figure divine dell’induismo (Śiva, Viṣṇu, Devī,), i simboli mitici (mandala, cakra, loto, liṅga, ecc.), i riti e le immagini come strumenti di contemplazione e di trasformazione, il legame tra arte, mito e spiritualità nell’India tradizionale.

 

È considerato un testo fondamentale perché non si limita a descrivere i simboli, ma li interpreta come porte di accesso a stati di coscienza e a una comprensione più profonda dell’esperienza spirituale.

 

 

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